LEGGE 8 marzo 2000, n. 53

 

LEGGE 8 marzo 2000, n. 53

Disposizioni per il sostegno della maternita' e della paternita', per
il  diritto  alla  cura  e alla formazione e per il coordinamento dei
tempi delle citta'.
 Vigente al: 4-9-2012
 

Capo I
PRINCIPI GENERALI

    La  Camera  dei  deputati  ed  il  Senato  della Repubblica hanno
approvato;
                   IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
                              Promulga
la seguente legge:
                               Art. 1.
                            (Finalita').
1.  La  presente legge promuove un equilibrio tra tempi di lavoro, di
cura, di formazione e di relazione, mediante:
a) l'istituzione dei congedi dei genitori e l'estensione del sostegno
ai genitori di soggetti portatori di handicap;
b)   l'istituzione   del   congedo   per  la  formazione  continua  e
l'estensione dei congedi per la formazione;
c)  il  coordinamento  dei  tempi  di funzionamento delle citta' e la
promozione dell'uso del tempo per fini di solidarieta' sociale.
                               Art. 2.
                       (Campagne informative).
1.  Al  fine  di  diffondere  la  conoscenza delle disposizioni della
presente   legge,   il   Ministro  per  la  solidarieta'  sociale  e'
autorizzato  a  predisporre, di concerto con il Ministro del lavoro e
della  previdenza  sociale, apposite campagne informative, nei limiti
degli ordinari stanziamenti di bilancio destinati allo scopo.

Capo II
CONGEDI PARENTALI, FAMILIARI E FORMATIVI

                               Art. 3.
                        Congedi dei genitori

  1.  All'articolo  1  della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, dopo il
terzo  comma  e'  inserito  il seguente: "Il diritto di astenersi dal
lavoro  di  cui all'articolo 7, ed il relativo trattamento economico,
sono  riconosciuti  anche  se  l'altro genitore non ne ha diritto. Le
disposizioni  di  cui  al  comma  1  dell'articolo  7  e  al  comma 2
dell'articolo  15  sono  estese alle lavoratrici di cui alla legge 29
dicembre  1987,  n.  546,  madri  di  bambini nati a decorrere dal 1o
gennaio  2000. Alle predette lavoratrici i diritti previsti dal comma
1   dell'articolo   7   e  dal  comma  2  dell'articolo  15  spettano
limitatamente  ad un periodo di tre mesi, entro il primo anno di vita
del bambino".
  2.  L'articolo  7  della  legge  30  dicembre  1971,  n.  1204,  e'
sostituito dal seguente:
    "Art.  7.  -  1.  Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun
genitore  ha  diritto  di  astenersi  dal lavoro secondo le modalita'
stabilite  dal  presente  articolo.  Le  astensioni  dal  lavoro  dei
genitori  non  possono  complessivamente  eccedere il limite di dieci
mesi,  fatto  salvo  il  disposto  del comma 2 del presente articolo.
Nell'ambito  del  predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro
compete:
      a)  alla  madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione
obbligatoria  di  cui  all'articolo 4, primo comma, lettera c), della
presente   legge,  per  un  periodo  continuativo  o  frazionato  non
superiore a sei mesi;
      b)   al   padre  lavoratore,  per  un  periodo  continuativo  o
frazionato non superiore a sei mesi;
      c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo
o frazionato non superiore a dieci mesi.
    2.  Qualora  il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi
dal  lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il limite di cui
alla  lettera  b)  del  comma  1  e' elevato a sette mesi e il limite
complessivo  delle  astensioni  dal  lavoro  dei  genitori  di cui al
medesimo comma e' conseguentemente elevato a undici mesi.
    3.  Ai  fini  dell'esercizio  del  diritto  di cui al comma 1, il
genitore  e'  tenuto,  salvo  casi  di  oggettiva  impossibilita',  a
preavvisare  il  datore  di  lavoro  secondo le modalita' e i criteri
definiti  dai  contratti  collettivi,  e  comunque  con un periodo di
preavviso non inferiore a quindici giorni.
    4.   Entrambi   i   genitori,  alternativamente,  hanno  diritto,
altresi',  di astenersi dal lavoro durante le malattie del bambino di
eta'  inferiore  a  otto  anni ovvero di eta' compresa fra tre e otto
anni,  in  quest'ultimo  caso  nel limite di cinque giorni lavorativi
all'anno  per  ciascun  genitore, dietro presentazione di certificato
rilasciato  da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale
o  con  esso  convenzionato.  La malattia del bambino che dia luogo a
ricovero  ospedaliero  interrompe  il decorso del periodo di ferie in
godimento da parte del genitore.
    5.  I periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono
computati  nell'anzianita'  di servizio, esclusi gli effetti relativi
alle  ferie e alla tredicesima mensilita' o alla gratifica natalizia.
Ai fini della fruizione del congedo di cui al comma 4, la lavoratrice
ed   il   lavoratore  sono  tenuti  a  presentare  una  dichiarazione
rilasciata  ai  sensi  dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n.
15,  attestante che l'altro genitore non sia in astensione dal lavoro
negli stessi giorni per il medesimo motivo".
  3.  All'articolo  10  della  legge  30 dicembre 1971, n. 1204, sono
aggiunti,  in fine, i seguenti commi: "Ai periodi di riposo di cui al
presente   articolo  si  applicano  le  disposizioni  in  materia  di
contribuzione  figurativa,  nonche'  di riscatto ovvero di versamento
dei   relativi   contributi   previsti   dal  comma  2,  lettera  b),
dell'articolo  15. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono
raddoppiati  e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal primo
comma  del  presente  articolo  possono  essere  utilizzate anche dal
padre".
  4.  L'articolo  15  della  legge  30  dicembre  1971,  n.  1204, e'
sostituito dal seguente:
    "Art.  15.  -  1.  Le  lavoratrici hanno diritto ad un'indennita'
giornaliera  pari  all'80  per  cento della retribuzione per tutto il
periodo   di  astensione  obbligatoria  dal  lavoro  stabilita  dagli
articoli  4  e 5 della presente legge. Tale indennita' e' comprensiva
di ogni altra indennita' spettante per malattia.
    2. Per i periodi di astensione facoltativa di cui all'articolo 7,
comma 1, ai lavoratori e alle lavoratrici e' dovuta:
      a)  fino  al terzo anno di vita del bambino, un'indennita' pari
al   30   per  cento  della  retribuzione,  per  un  periodo  massimo
complessivo tra i genitori di sei mesi; il relativo periodo, entro il
limite predetto, e' coperto da contribuzione figurativa;
      b)  fuori  dei  casi di cui alla lettera a), fino al compimento
dell'ottavo  anno  di  vita  del  bambino, e comunque per il restante
periodo di astensione facoltativa, un'indennita' pari al 30 per cento
della  retribuzione,  nell'ipotesi  in  cui  il  reddito  individuale
dell'interessato  sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento
minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria;
il   periodo   medesimo   e'  coperto  da  contribuzione  figurativa,
attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per cento
del  valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di
riferimento,   salva   la   facolta'   di   integrazione   da   parte
dell'interessato,  con riscatto ai sensi dell'articolo 13 della legge
12   agosto  1962,  n.  1338,  ovvero  con  versamento  dei  relativi
contributi  secondo  i  criteri  e  le  modalita'  della prosecuzione
volontaria.
    3.  Per  i  periodi di astensione per malattia del bambino di cui
all'articolo 7, comma 4, e' dovuta:
      a)  fino  al  compimento del terzo anno di vita del bambino, la
contribuzione figurativa;
      b)  successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al
compimento  dell'ottavo anno, la copertura contributiva calcolata con
le modalita' previste dal comma 2, lettera b).
    4.  Il  reddito  individuale  di  cui  al comma 2, lettera b), e'
determinato   secondo   i  criteri  previsti  in  materia  di  limiti
reddituali per l'integrazione al minimo.
    5. Le indennita' di cui al presente articolo sono corrisposte con
gli  stessi  criteri  previsti  per  l'erogazione  delle  prestazioni
dell'assicurazione   obbligatoria   contro   le   malattie  dall'ente
assicuratore  della  malattia  presso  il  quale  la lavoratrice o il
lavoratore  e'  assicurato  e  non  sono  subordinate  a  particolari
requisiti contributivi o di anzianita' assicurativa".
  5. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151)).
                               Art. 4
               Congedi per eventi e cause particolari

  1.  La  lavoratrice  e  il  lavoratore hanno diritto ad un permesso
retribuito  di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di
documentata  grave  infermita'  del  coniuge o di un parente entro il
secondo  grado o del convivente, purche' la stabile convivenza con il
lavoratore  o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica. In
alternativa,  nei casi di documentata grave infermita', il lavoratore
e  la  lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse
modalita' di espletamento dell'attivita' lavorativa.
  2.  I  dipendenti  di  datori  di lavoro pubblici o privati possono
richiedere,  per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le
patologie  individuate  ai  sensi del comma 4, un periodo di congedo,
continuativo  o  frazionato,  non  superiore a due anni. Durante tale
periodo  il  dipendente  conserva  il posto di lavoro, non ha diritto
alla  retribuzione  e  non  puo'  svolgere  alcun  tipo  di attivita'
lavorativa.  Il  congedo non e' computato nell'anzianita' di servizio
ne'  ai fini previdenziali; il lavoratore puo' procedere al riscatto,
ovvero  al  versamento  dei  relativi contributi, calcolati secondo i
criteri della prosecuzione volontaria.
  3.   I   contratti   collettivi   disciplinano   le   modalita'  di
partecipazione  agli  eventuali corsi di formazione del personale che
riprende  l'attivita'  lavorativa dopo la sospensione di cui al comma
2.
  4.  Entro  sessanta  giorni  dalla  data di entrata in vigore della
presente  legge, il Ministro per la solidarieta' sociale, con proprio
decreto, di concerto con i Ministri della sanita', del lavoro e della
previdenza   sociale  e  per  le  pari  opportunita',  provvede  alla
definizione  dei  criteri  per  la  fruizione  dei  congedi di cui al
presente  articolo,  all'individuazione delle patologie specifiche ai
sensi  del  comma  2,  nonche' alla individuazione dei criteri per la
verifica  periodica  relativa  alla  sussistenza  delle condizioni di
grave infermita' dei soggetti di cui al comma 1.
  4-bis. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151)).
                               Art. 5.
                    (Congedi per la formazione).
1.  Ferme  restando  le vigenti disposizioni relative al diritto allo
studio  di  cui all'articolo 10 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i
dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno
cinque  anni  di  anzianita'  di  servizio presso la stessa azienda o
amministrazione,  possono  richiedere una sospensione del rapporto di
lavoro  per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad
undici  mesi,  continuativo  o frazionato, nell'arco dell'intera vita
lavorativa.
2.  Per  "congedo per la formazione" si intende quello finalizzato al
completamento  della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo
di  studio  di  secondo grado, del diploma universitario o di laurea,
alla partecipazione ad attivita' formative diverse da quelle poste in
essere o finanziate dal datore di lavoro.
3.  Durante  il  periodo  di  congedo per la formazione il dipendente
conserva  il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale
periodo  non  e'  computabile  nell'anzianita'  di  servizio e non e'
cumulabile  con  le  ferie,  con la malattia e con altri congedi. Una
grave  e  documentata  infermita', individuata sulla base dei criteri
stabiliti  dal  medesimo  decreto  di  cui  all'articolo  4, comma 4,
intervenuta   durante   il  periodo  di  congedo,  di  cui  sia  data
comunicazione  scritta al datore di lavoro, da' luogo ad interruzione
del congedo medesimo.
4.  Il  datore  di lavoro puo' non accogliere la richiesta di congedo
per  la  formazione ovvero puo' differirne l'accoglimento nel caso di
comprovate  esigenze  organizzative. I contratti collettivi prevedono
le   modalita'  di  fruizione  del  congedo  stesso,  individuano  le
percentuali   massime   dei   lavoratori   che  possono  avvalersene,
disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio di
tale  facolta'  e  fissano  i termini del preavviso, che comunque non
puo' essere inferiore a trenta giorni.
5.  Il  lavoratore  puo'  procedere al riscatto del periodo di cui al
presente  articolo,  ovvero  al  versamento  dei relativi contributi,
calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
                               Art. 6.
                (Congedi per la formazione continua).
1. I lavoratori, occupati e non occupati, hanno diritto di proseguire
i  percorsi di formazione per tutto l'arco della vita, per accrescere
conoscenze  e  competenze  professionali.  Lo Stato, le regioni e gli
enti locali assicurano un'offerta formativa articolata sul territorio
e,  ove  necessario,  integrata,  accreditata secondo le disposizioni
dell'articolo  17  della  legge  24 giugno 1997, n. 196, e successive
modificazioni,  e  del  relativo regolamento di attuazione. L'offerta
formativa  deve  consentire  percorsi  personalizzati,  certificati e
riconosciuti  come  crediti formativi in ambito nazionale ed europeo.
La  formazione  puo'  corrispondere ad autonoma scelta del lavoratore
ovvero  essere predisposta dall'azienda, attraverso i piani formativi
aziendali  o territoriali concordati tra le parti sociali in coerenza
con  quanto  previsto  dal  citato articolo 17 della legge n. 196 del
1997, e successive modificazioni.
2. La contrattazione collettiva di categoria, nazionale e decentrata,
definisce  il  monte  ore  da destinare ai congedi di cui al presente
articolo,   i  criteri  per  l'individuazione  dei  lavoratori  e  le
modalita'  di  orario  e retribuzione connesse alla partecipazione ai
percorsi di formazione.
3.  Gli  interventi  formativi  che  rientrano  nei piani aziendali o
territoriali  di  cui al comma 1 possono essere finanziati attraverso
il  fondo  interprofessionale  per  la formazione continua, di cui al
regolamento  di  attuazione del citato articolo 17 della legge n. 196
del 1997.
4.   Le   regioni  possono  finanziare  progetti  di  formazione  dei
lavoratori  che,  sulla base di accordi contrattuali, prevedano quote
di  riduzione  dell'orario  di lavoro, nonche' progetti di formazione
presentati direttamente dai lavoratori. Per le finalita' del presente
comma  e'  riservata  una  quota,  pari a lire 30 miliardi annue, del
Fondo   per  l'occupazione  di  cui  all'articolo  1,  comma  7,  del
decreto-legge  20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla  legge  19  luglio 1993, n. 236. Il Ministro del lavoro e della
previdenza  sociale,  di  concerto  con  il  Ministro del tesoro, del
bilancio  e della programmazione economica, provvede annualmente, con
proprio  decreto,  a  ripartire  fra  le  regioni  la predetta quota,
sentita  la  Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
                               Art. 7
           Anticipazione del trattamento di fine rapporto

  1.  Oltre che nelle ipotesi di cui all'articolo 2120, ottavo comma,
del  codice  civile,  il  trattamento  di  fine  rapporto puo' essere
anticipato  ai  fini  delle  spese  da sostenere durante i periodi di
fruizione  dei congedi di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 30
dicembre  1971,  n.  1204,  come sostituito dall'articolo 3, comma 2,
della  presente  legge,  e  di cui agli articoli 5 e 6 della presente
legge.  L'anticipazione  e'  corrisposta unitamente alla retribuzione
relativa  al  mese  che  precede  la  data  di inizio del congedo. Le
medesime   disposizioni   si   applicano   anche   alle   domande  di
anticipazioni  per  indennita'  equipollenti  al  trattamento di fine
rapporto,  comunque  denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di
datori di lavoro pubblici e privati.
  2.  Gli  statuti delle forme pensionistiche complementari di cui al
decreto   legislativo   21   aprile   1993,   n.  124,  e  successive
modificazioni,  possono  prevedere  la possibilita' di conseguire, ai
sensi dell'articolo 7, comma 4, del citato decreto legislativo n. 124
del   1993,  un'anticipazione  delle  prestazioni  per  le  spese  da
sostenere  durante  i  periodi  di  fruizione dei congedi di cui agli
articoli 5 e 6 della presente legge.
  3.  Con  decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con  i  Ministri  del  tesoro,  del  bilancio  e della programmazione
economica,   del   lavoro   e  della  previdenza  sociale  e  per  la
solidarieta'  sociale,  sono ((definiti i requisiti, i criteri e)) le
modalita'  applicative  delle disposizioni del comma 1 in riferimento
ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
                               Art. 8.
               (Prolungamento dell'eta' pensionabile).
1.  I soggetti che usufruiscono dei congedi previsti dall'articolo 5,
comma 1, possono, a richiesta, prolungare il rapporto di lavoro di un
periodo corrispondente, anche in deroga alle disposizioni concernenti
l'eta'  di  pensionamento  obbligatoria.  La  richiesta  deve  essere
comunicata  al  datore di lavoro con un preavviso non inferiore a sei
mesi rispetto alla data prevista per il pensionamento.

Capo III
FLESSIBILITA' DI ORARIO

                               Art. 9
     (( (Misure per conciliare tempi di vita e tempi di lavoro).

 1. Al fine di promuovere e incentivare azioni volte a conciliare
tempi di vita e tempi di lavoro, nell'ambito del Fondo per le
politiche per la famiglia di cui all'articolo 19 del decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4
agosto 2006, n. 248, e' destinata annualmente una quota individuata
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro
delegato alle politiche per la famiglia, al fine di erogare
contributi in favore di datori di lavoro privati, ivi comprese le
imprese collettive, iscritti in pubblici registri, di aziende
sanitarie locali, di aziende ospedaliere e di aziende ospedaliere
universitarie i quali attuino accordi contrattuali che prevedano le
seguenti tipologie di azione positiva:
 a) progetti articolati per consentire alle lavoratrici e ai
lavoratori di usufruire di particolari forme di flessibilita' degli
orari e dell'organizzazione del lavoro, quali part time reversibile,
telelavoro e lavoro a domicilio, banca delle ore, orario flessibile
in entrata o in uscita, sui turni e su sedi diverse, orario
concentrato, con specifico interesse per i progetti che prevedano di
applicare, in aggiunta alle misure di flessibilita', sistemi
innovativi per la valutazione della prestazione e dei risultati;
 b) programmi ed azioni volti a favorire il reinserimento delle
lavoratrici e dei lavoratori dopo un periodo di congedo parentale o
per motivi comunque legati ad esigenze di conciliazione;
 c) progetti che, anche attraverso l'attivazione di reti tra enti
territoriali, aziende e parti sociali, promuovano interventi e
servizi innovativi in risposta alle esigenze di conciliazione dei
lavoratori. Tali progetti possono essere presentati anche da consorzi
o associazioni di imprese, ivi comprese quelle temporanee, costituite
o costituende, che insistono sullo stesso territorio, e possono
prevedere la partecipazione degli enti locali anche nell'ambito dei
piani per l'armonizzazione dei tempi delle citta'.
 2. Destinatari dei progetti di cui al comma 1 sono lavoratrici o
lavoratori, inclusi i dirigenti, con figli minori, con priorita' nel
caso di disabilita' ovvero di minori fino a dodici anni di eta', o
fino a quindici anni in caso di affidamento o di adozione, ovvero con
acarico persone disabili o non autosufficienti, ovvero persone
affette da documentata grave infermita'.
 3. Una quota delle risorse di cui al comma 1, da stabilire con il
provvedimento di cui al comma 4, e', inoltre, impiegata per
l'erogazione di contributi in favore di progetti che consentano ai
titolari di impresa, ai lavoratori autonomi o ai liberi
professionisti, per esigenze legate alla maternita' o alla presenza
di figli minori ovvero disabili, di avvalersi della collaborazione o
sostituzione di soggetti in possesso dei necessari requisiti
professionali.
 4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del
Ministro delegato alle politiche per la famiglia, di concerto con il
Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e con il
Ministro per le pari opportunita', sentita la Conferenza unificata,
nei limiti delle risorse di cui al comma 1, sono definiti i criteri e
le modalita' per la concessione dei contributi di cui al presente
articolo e, in particolare, la percentuale delle risorse da destinare
a ciascuna tipologia progettuale, l'importo massimo finanziatile per
ciascuna tipologia progettuale e la durata delle azioni progettuali.
In ogni caso, le richieste dei contributi provenienti dai soggetti
pubblici saranno soddisfatte a concorrenza della somma che residua
una volta esaurite le richieste di contributi dei soggetti privati.
 5. Le risorse di cui al comma I possono essere, in misura non
superiore al 10 per cento, destinate alle attivita' di promozione
delle misure in favore della conciliazione, di consulenza alla
progettazione, di monitoraggio delle azioni da effettuare anche
attraverso reti territoriali)).

Capo IV
ULTERIORI DISPOSIZIONI A SOSTEGNO DELLA MATERNITA' E DELLA PATERNITA'

                              Art. 10.
      ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151 ((3))
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AGGIORNAMENTO (3)
  Il  D.Lgs.  6  settembre  2001,  n. 368 ha disposto (con l'art. 10,
comma  6) che "Restano in vigore le discipline di cui all'articolo 8,
comma  2,  della  legge 23 luglio 1991, n. 223, all'articolo 10 della
legge 8 marzo 2000, n. 53, ed all'articolo 75 della legge 23 dicembre
2000, n. 388".
                              Art. 11.
                         (Parti prematuri).

  1.  All'articolo  4  della  legge  30  dicembre 1971, n. 1204, sono
aggiunti, in fine, i seguenti commi:
    "Qualora  il  parto  avvenga in data anticipata rispetto a quella
presunta,  i  giorni  non goduti di astensione obbligatoria prima del
parto  vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il
parto.
  La  lavoratrice  e'  tenuta  a  presentare, entro trenta giorni, il
certificato attestante la data del parto".
                              Art. 12.
             Flessibilita' dell'astensione obbligatoria

  1.  Dopo  l'articolo  4  della  legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e'
inserito il seguente:
    "Art.   4-bis.   -   1.  Ferma  restando  la  durata  complessiva
dell'astensione  dal  lavoro,  le  lavoratrici  hanno  la facolta' di
astenersi  dal  lavoro a partire dal mese precedente la data presunta
del parto e nei quattro mesi successivi al parto, a condizione che il
medico  specialista  del  Servizio  sanitario  nazionale  o  con esso
convenzionato  e  il  medico  competente  ai fini della prevenzione e
tutela  della  salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione
non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro".
  2. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151)). ((2))
  3. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151)). ((2))
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AGGIORNAMENTO (2)
  Il  D.Lgs.  26 marzo 2001, n. 151 ha disposto (con l'art. 85, comma
1,  lettera dd)) che restano in vigore le disposizioni legislative di
cui  ai commi 2 e 3 dell'articolo 12 della legge 8 marzo 2000, n. 53,
limitatamente alla previsione del termine di sei mesi ivi previsto.
                              Art. 13.
            (Astensione dal lavoro del padre lavoratore).
1.  Dopo  l'articolo  6  della  legge  9  dicembre 1977, n. 903, sono
inseriti i seguenti:
"Art.  6-bis.  -  1.  Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal
lavoro  nei primi tre mesi dalla nascita del figlio, in caso di morte
o  di  grave  infermita'  della madre ovvero di abbandono, nonche' in
caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
2.  Il  padre  lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al
comma  1 presenta al datore di lavoro la certificazione relativa alle
condizioni ivi previste. In caso di abbandono, il padre lavoratore ne
rende  dichiarazione  ai  sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio
1968, n. 15.
3.  Si  applicano  al  padre  lavoratore  le disposizioni di cui agli
articoli  6 e 15, commi 1 e 5, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
e successive modificazioni.
4.  Al  padre lavoratore si applicano altresi' le disposizioni di cui
all'articolo  2  della  legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive
modificazioni,  per  il  periodo  di  astensione dal lavoro di cui al
comma 1 del presente articolo e fino al compimento di un anno di eta'
del bambino.
Art.  6-ter.  -  1.  I periodi di riposo di cui all'articolo 10 della
legge  30  dicembre  1971,  n.  1204, e successive modificazioni, e i
relativi trattamenti economici sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
b)  in  alternativa  alla  madre lavoratrice dipendente che non se ne
avvalga;
c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente".
                              Art. 14.
       ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151))
                               Art. 15
                             Testo unico

  1.  Al fine di conferire organicita' e sistematicita' alle norme in
materia  di  tutela  e  sostegno della maternita' e della paternita',
entro  dodici  mesi  dalla  data  di entrata in vigore della presente
legge,  il  Governo  e'  delegato  ad  emanare un decreto legislativo
recante  il  testo  unico  delle  disposizioni legislative vigenti in
materia, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
    a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme;
    b)    esplicita   indicazione   delle   norme   abrogate,   anche
implicitamente, da successive disposizioni;
    c)  coordinamento  formale  del testo delle disposizioni vigenti,
apportando,   nei   limiti   di  detto  coordinamento,  le  modifiche
necessarie  per  garantire  la  coerenza  logica  e sistematica della
normativa,  anche  al  fine  di adeguare e semplificare il linguaggio
normativo;
    d)  esplicita  indicazione  delle  disposizioni, non inserite nel
testo unico, che restano comunque in vigore;
    e)  esplicita abrogazione di tutte le rimanenti disposizioni, non
richiamate,   con  espressa  indicazione  delle  stesse  in  apposito
allegato al testo unico;
    f) esplicita abrogazione delle norme secondarie incompatibili con
le disposizioni legislative raccolte nel testo unico.
  2.  Lo  schema  del  decreto  legislativo  di  cui  al  comma  1 e'
deliberato  dal  Consiglio dei ministri ed e' trasmesso, con apposita
relazione  cui  e'  allegato  il  parere del Consiglio di Stato, alle
competenti  Commissioni  parlamentari  permanenti,  che  esprimono il
parere entro quarantacinque giorni dall'assegnazione.
  3.  ((Entro due anni)) dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo  di  cui  al comma 1 possono essere emanate, nel rispetto
dei  principi e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e con le
modalita' di cui al comma 2, disposizioni correttive del testo unico.
                              Art. 16.
             (Statistiche ufficiali sui tempi di vita).
1.  L'Istituto  nazionale  di  statistica  (ISTAT) assicura un flusso
informativo  quinquennale sull'organizzazione dei tempi di vita della
popolazione   attraverso   la   rilevazione   sull'uso   del   tempo,
disaggregando le informazioni per sesso e per eta'.
                              Art. 17.
       ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151))
                              Art. 18.
       ((ARTICOLO ABROGATO DAL D.LGS. 26 MARZO 2001, N. 151))

Capo V
MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104

                              Art. 19.
        (Permessi per l'assistenza a portatori di handicap).
1.  All'articolo  33  della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104, sono
apportate le seguenti modificazioni:
a)  al  comma  3, dopo le parole: "permesso mensile" sono inserite le
seguenti: "coperti da contribuzione figurativa";
b) al comma 5, le parole: ", con lui convivente," sono soppresse;
c)  al  comma  6,  dopo  le  parole:  "puo' usufruire" e' inserita la
seguente: "alternativamente".
                              Art. 20.
   (Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori di
                             handicap).

  1. Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n.
104,  come  modificato  dall'articolo  19  della  presente  legge, si
applicano  anche  qualora  l'altro  genitore  non  ne  abbia  diritto
((...)).

Capo VI
NORME FINANZIARIE

                              Art. 21.
                      (Copertura finanziaria).
1.  All'onere  derivante  dall'attuazione  delle  disposizioni  degli
articoli da 3 a 20, esclusi gli articoli 6 e 9, della presente legge,
valutato  in  lire  298 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, si
provvede,  quanto  a  lire  273  miliardi annue a decorrere dall'anno
2000,  mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa
di  cui  all'articolo  3  del  decreto-legge  20  gennaio 1998, n. 4,
convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  20 marzo 1998, n. 52,
concernente  il  Fondo  per  l'occupazione; quanto a lire 25 miliardi
annue  a  decorrere dall'anno 2000, mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione  di  spesa  di  cui all'articolo 1 della legge 28
agosto 1997, n. 285.
2.  Il  Ministro  del  tesoro,  del  bilancio  e della programmazione
economica  e'  autorizzato  ad  apportare,  con  propri  decreti,  le
occorrenti variazioni di bilancio.

Capo VII
TEMPI DELLE CITTA'

                              Art. 22.
                      (Compiti delle regioni).
1.  Entro  sei  mesi  dalla  data di entrata in vigore della presente
legge   le   regioni   definiscono,   con  proprie  leggi,  ai  sensi
dell'articolo  36,  comma  3,  della  legge  8 giugno 1990, n. 142, e
successive  modificazioni,  qualora  non  vi abbiano gia' provveduto,
norme  per  il  coordinamento  da  parte dei comuni degli orari degli
esercizi  commerciali, dei servizi pubblici e degli uffici periferici
delle  amministrazioni  pubbliche, nonche' per la promozione dell'uso
del  tempo  per  fini di solidarieta' sociale, secondo i principi del
presente capo.
2.  Le  regioni  prevedono  incentivi  finanziari per i comuni, anche
attraverso l'utilizzo delle risorse del Fondo di cui all'articolo 28,
ai   fini   della   predisposizione   e   dell'attuazione  dei  piani
territoriali  degli orari di cui all'articolo 24 e della costituzione
delle banche dei tempi di cui all'articolo 27.
3. Le regioni possono istituire comitati tecnici, composti da esperti
in   materia   di   progettazione  urbana,  di  analisi  sociale,  di
comunicazione  sociale  e  di  gestione  organizzativa,  con  compiti
consultivi  in ordine al coordinamento degli orari delle citta' e per
la  valutazione  degli  effetti  sulle  comunita'  locali  dei  piani
territoriali degli orari.
4.  Nell'ambito  delle  proprie  competenze  in materia di formazione
professionale,  le  regioni  promuovono  corsi  di  qualificazione  e
riqualificazione  del  personale  impiegato  nella  progettazione dei
piani territoriali degli orari e nei progetti di riorganizzazione dei
servizi.
5. Le leggi regionali di cui al comma 1 indicano:
a) criteri generali di amministrazione e coordinamento degli orari di
apertura  al  pubblico  dei  servizi pubblici e privati, degli uffici
della  pubblica  amministrazione, dei pubblici esercizi commerciali e
turistici,   delle   attivita'  culturali  e  dello  spettacolo,  dei
trasporti;
b) i criteri per l'adozione dei piani territoriali degli orari;
c)  criteri e modalita' per la concessione ai comuni di finanziamenti
per   l'adozione   dei  piani  territoriali  degli  orari  e  per  la
costituzione  di  banche  dei  tempi, con priorita' per le iniziative
congiunte dei comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti.
6.  Le  regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
di Bolzano provvedono secondo le rispettive competenze.
                              Art. 23.
                        (Compiti dei comuni).
1.  I  comuni  con  popolazione  superiore a 30.000 abitanti attuano,
singolarmente o in forma associata, le disposizioni dell'articolo 36,
comma   3,   della   legge  8  giugno  1990,  n.  142,  e  successive
modificazioni,  secondo le modalita' stabilite dal presente capo, nei
tempi indicati dalle leggi regionali di cui all'articolo 22, comma 1,
e  comunque  non  oltre un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
2.  In  caso  di  inadempimento  dell'obbligo  di  cui al comma 1, il
presidente della giunta regionale nomina un commissario ad acta.
3.  I  comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono
attuare le disposizioni del presente capo in forma associata.
                              Art. 24.
                  (Piano territoriale degli orari).
1.  Il piano territoriale degli orari, di seguito denominato "piano",
realizza  le finalita' di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ed
e'  strumento  unitario  per  finalita'  ed  indirizzi, articolato in
progetti,  anche  sperimentali, relativi al funzionamento dei diversi
sistemi  orari dei servizi urbani e alla loro graduale armonizzazione
e coordinamento.
2.  I  comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti sono tenuti
ad  individuare  un  responsabile  cui  e' assegnata la competenza in
materia  di  tempi  ed  orari  e  che  partecipa  alla conferenza dei
dirigenti,  ai  sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive
modificazioni.
3.  I  comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono
istituire l'ufficio di cui al comma 2 in forma associata.
4.  Il  sindaco  elabora  le linee guida del piano. A tale fine attua
forme  di  consultazione  con  le amministrazioni pubbliche, le parti
sociali, nonche' le associazioni previste dall'articolo 6 della legge
8  giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, e le associazioni
delle famiglie.
5.  Nell'elaborazione  del  piano  si  tiene  conto degli effetti sul
traffico,  sull'inquinamento  e  sulla  qualita' della vita cittadina
degli  orari di lavoro pubblici e privati, degli orari di apertura al
pubblico  dei  servizi  pubblici  e  privati, degli uffici periferici
delle  amministrazioni  pubbliche, delle attivita' commerciali, ferme
restando  le  disposizioni  degli  articoli  da  11  a 13 del decreto
legislativo   31  marzo  1998,  n.  114,  nonche'  delle  istituzioni
formative, culturali e del tempo libero.
6.  Il  piano  e'  approvato  dal  consiglio comunale su proposta del
sindaco  ed  e'  vincolante  per l'amministrazione comunale, che deve
adeguare  l'azione  dei  singoli  assessorati  alle  scelte  in  esso
contenute. Il piano e' attuato con ordinanze del sindaco.
                              Art. 25.
                     (Tavolo di concertazione).
1. Per l'attuazione e la verifica dei progetti contenuti nel piano di
cui   all'articolo   24,   il   sindaco   istituisce   un  tavolo  di
concertazione, cui partecipano:
a)  il  sindaco  stesso  o,  per suo incarico, il responsabile di cui
all'articolo 24, comma 2;
b) il prefetto o un suo rappresentante;
c) il presidente della provincia o un suo rappresentante;
d) i presidenti delle comunita' montane o loro rappresentanti;
e)  un  dirigente  per  ciascuna  delle pubbliche amministrazioni non
statali coinvolte nel piano;
f)  rappresentanti sindacali degli imprenditori della grande, media e
piccola  impresa,  del  commercio,  dei  servizi,  dell'artigianato e
dell'agricoltura;
g) rappresentanti sindacali dei lavoratori;
h)  il  provveditore agli studi ed i rappresentanti delle universita'
presenti nel territorio;
i)  i  presidenti  delle aziende dei trasporti urbani ed extraurbani,
nonche' i rappresentanti delle aziende ferroviarie.
2.  Per  l'attuazione  del  piano  di cui all'articolo 24, il sindaco
promuove accordi con i soggetti pubblici e privati di cui al comma 1.
3.  In  caso di emergenze o di straordinarie necessita' dell'utenza o
di gravi problemi connessi al traffico e all'inquinamento, il sindaco
puo' emettere ordinanze che prevedano modificazioni degli orari.
4.  Le  amministrazioni pubbliche, anche territoriali, sono tenute ad
adeguare  gli  orari  di funzionamento degli uffici alle ordinanze di
cui al comma 3.
5.  I  comuni  capoluogo  di provincia sono tenuti a concertare con i
comuni   limitrofi,   attraverso   la   conferenza  dei  sindaci,  la
riorganizzazione  territoriale degli orari. Alla conferenza partecipa
un rappresentante del presidente della provincia.
                              Art. 26.
               (Orari della pubblica amministrazione).
1.  Le  articolazioni  e  le  scansioni  degli  orari  di apertura al
pubblico  dei  servizi  della  pubblica amministrazione devono tenere
conto  delle  esigenze  dei  cittadini  che  risiedono,  lavorano  ed
utilizzano il territorio di riferimento.
2.  Il piano di cui all'articolo 24, ai sensi del decreto legislativo
3  febbraio  1993,  n. 29, e successive modificazioni, puo' prevedere
modalita'  ed  articolazioni differenziate degli orari di apertura al
pubblico dei servizi della pubblica amministrazione.
3.  Le  pubbliche amministrazioni, attraverso l'informatizzazione dei
relativi servizi, possono garantire prestazioni di informazione anche
durante  gli  orari di chiusura dei servizi medesimi e, attraverso la
semplificazione delle procedure, possono consentire agli utenti tempi
di  attesa  piu'  brevi  e  percorsi  piu'  semplici per l'accesso ai
servizi.
                              Art. 27.
                         (Banche dei tempi).
1.  Per  favorire  lo  scambio di servizi di vicinato, per facilitare
l'utilizzo  dei  servizi  della citta' e il rapporto con le pubbliche
amministrazioni,  per  favorire l'estensione della solidarieta' nelle
comunita'  locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi
di  cittadini,  associazioni,  organizzazioni  ed  enti che intendano
scambiare   parte   del  proprio  tempo  per  impieghi  di  reciproca
solidarieta'  e  interesse,  gli  enti  locali  possono  sostenere  e
promuovere  la  costituzione  di  associazioni denominate "banche dei
tempi".
2.  Gli  enti  locali,  per favorire e sostenere le banche dei tempi,
possono  disporre  a  loro favore l'utilizzo di locali e di servizi e
organizzare  attivita'  di  promozione,  formazione  e  informazione.
Possono  altresi'  aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse
accordi  che  prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di
mutuo  aiuto  a favore di singoli cittadini o della comunita' locale.
Tali  prestazioni  devono  essere compatibili con gli scopi statutari
delle banche dei tempi e non devono costituire modalita' di esercizio
delle attivita' istituzionali degli enti locali.
                              Art. 28.
        (Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle citta').
1. Nell'elaborare le linee guida del piano di cui all'articolo 24, il
sindaco   prevede   misure   per  l'armonizzazione  degli  orari  che
contribuiscano, in linea con le politiche e le misure nazionali, alla
riduzione   delle   emissioni  di  gas  inquinanti  nel  settore  dei
trasporti.  Dopo  l'approvazione  da  parte del consiglio comunale, i
piani  sono  comunicati  alle regioni, che li trasmettono al Comitato
interministeriale per la programmazione economica (CIPE) indicandone,
ai soli fini del presente articolo, l'ordine di priorita'.
2.  Per  le finalita' del presente articolo e' istituito un Fondo per
l'armonizzazione  dei  tempi delle citta', nel limite massimo di lire
15 miliardi annue a decorrere dall'anno 2001. Alla ripartizione delle
predette risorse provvede il CIPE, sentita la Conferenza unificata di
cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
3.  Le  regioni  iscrivono  le  somme  loro attribuite in un apposito
capitolo  di  bilancio,  nel  quale  confluiscono  altresi' eventuali
risorse  proprie,  da  utilizzare  per  spese  destinate ad agevolare
l'attuazione  dei progetti inclusi nel piano di cui all'articolo 24 e
degli interventi di cui all'articolo 27.
4. I contributi di cui al comma 3 sono concessi prioritariamente per:
a) associazioni di comuni;
b)  progetti  presentati  da  comuni  che  abbiano  attivato forme di
coordinamento  e  cooperazione con altri enti locali per l'attuazione
di  specifici  piani  di  armonizzazione  degli orari dei servizi con
vasti bacini di utenza;
c)  interventi  attuativi degli accordi di cui all'articolo 25, comma
2.
5.  La  Conferenza  unificata  di  cui  all'articolo  8  del  decreto
legislativo  28 agosto 1997, n. 281, e' convocata ogni anno, entro il
mese  di  febbraio,  per  l'esame dei risultati conseguiti attraverso
l'impiego  delle  risorse  del  Fondo  di  cui  al  comma  2 e per la
definizione  delle linee di intervento futuro. Alle relative riunioni
sono  invitati  i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, per
la  solidarieta'  sociale,  per la funzione pubblica, dei trasporti e
della  navigazione  e  dell'ambiente,  il  presidente  della societa'
Ferrovie dello Stato spa, nonche' i rappresentanti delle associazioni
ambientaliste e del volontariato, delle organizzazioni sindacali e di
categoria.
6.  Il Governo, entro il mese di luglio di ogni anno e sulla base dei
lavori della Conferenza di cui al comma 5, presenta al Parlamento una
relazione  sui  progetti  di riorganizzazione dei tempi e degli orari
delle citta'.
7.  All'onere  derivante dall'istituzione del Fondo di cui al comma 2
si  provvede mediante utilizzazione delle risorse di cui all'articolo
8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
    La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita
nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti  normativi  della  Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
      Data a Roma, addi' 8 marzo 2000
                               CIAMPI
                              D'Alema,  Presidente  del Consiglio dei
                              Ministri
                              Turco,  Ministro  per  la  solidarieta'
                              sociale
Visto, il Guardasigilli: Diliberto
                              ---------